città in transizione

 

La pandemia di Covid-19 non ha fatto che accelerare il dibattito intorno alla città del futuro: come ce la immaginiamo? Cosa possiamo fare per renderla più sostenibile, a livello ambientale, sociale ed economico? Tra gli obiettivi dell’Agenda ONU, il numero 11, affronta le sfide che le città dovranno affrontare per “continuare a prosperare e crescere, migliorando l’uso delle risorse e riducendo l’inquinamento e la povertà”. Tra queste le più immediate riguardano il traffico, la mancanza di fondi per fornire i servizi di base, la scarsità di alloggi adeguati, il degrado delle infrastrutture.

 

LA PANDEMIA SULLE CITTÀ
La pandemia, infatti, non ha cambiato solo il nostro modo di relazionarci con gli altri, ma ha anche mutato il rapporto che abbiamo con la città. Il lockdown ci ha fatto riscoprire il valore dello spazio pubblico e delle aree verdi dei centri abitati e ci ha anche portato nuovamente a riflettere sulle criticità della mobilità: mezzi pubblici affollati e datati, incapaci di offrire una reale alternativa all’uso dei mezzi privati. L’inquinamento ambientale delle città, poi, è stato al centro del dibattito per i suoi possibili legami con l’aumento di aggressività del virus, in special modo nel Nord Italia. Tutti questi elementi ci hanno fatto percepire le città come un luogo meno sicuro di quanto pensassimo, almeno dal punto di vista sanitario, rispetto a zone meno densamente popolate.

 

ESEMPI DI TRANSIZIONE URBANA
Un aiuto per orientarsi tra le possibili soluzioni lo offrono alcune città che hanno già iniziato a mettere in atto azioni concrete per migliorare la vita di chi le abita e al contempo ridurre il proprio impatto ambientale. Stoccolma ha riconvertito l’ex area industriale di Hammarby in un quartiere completamente autosufficiente dal punto di vista energetico: una centrale idroelettrica, insieme a biomasse e pannelli solari posti sugli edifici delle abitazioni, garantisce il fabbisogno energetico. Gli autobus vanno a etanolo e per i pochi che non vanno in bici o con i mezzi pubblici c’è una stazione di servizio per auto a idrogeno. La raccolta differenziata è stata automatizzata e i rifiuti indifferenziati inceneriti producono calore sufficiente a riscaldare quasi la metà della popolazione.

Un po’ più a Ovest, Edimburgo ha da qualche anno dichiarato guerra alle auto private: con il progetto “Open street” limita il traffico dal centro cittadino, in giorni predisposti, per ridurre le polveri sottili in città e favorire la crescita di attività sostenibili, come le giornate bike-only e sport all’aperto. La città incarna il modello green anche grazie alla modalità di gestione del Royal Botanic Garden – un importante centro di ricerca scientifica per lo studio delle piante e delle biodiversità – basata sul riciclo, risparmio dell’acqua e coltivazione di piante assorbi-CO2, che viene espanso anche a tutte le aree circostanti, rendendo Edimburgo una delle città più verdi d’Europa e la più verde della Gran Bretagna.

Perché la transizione di cui stiamo parlando, quella ecologica, quella digitale, a mio parere è a tutti gli effetti una transizione urbana. Se è vero che le città sono le responsabili principali, fino all’80%, delle emissioni di CO2, la decarbonizzazione non può non agire nella dimensione urbana. Maurizio Carta, Professore di Urbanistica – Università di Palermo.

In Asia sentiamo spesso parlare dei cieli grigi di Pechino o dell’allarme polveri sottili di Giacarta, ma ci sono anche città che possono fornire un ottimo modello di crescita sostenibile. Singapore, ad esempio, ha una delle economie più efficienti in termini di emissioni di carbonio e ha in cantiere un progetto per rendere verde almeno l’80% dei suoi edifici entro il 2030. E la filosofia “green buildings” non implica solo di piantare degli alberi sui tetti, ma adotta i principi della circolarità fin dalla scelta di materiali riciclati e di tecnologie green per la costruzione degli edifici.


MILANO CONTRO LO SPRECO ALIMENTARE

Anche in Italia, senza andare troppo lontano, possiamo trovare esempi di centri urbani che stanno affrontando la transizione in modo originale e coordinato. Food Policy, lo strumento per rendere più sostenibile il sistema alimentare di Milano, ha da poco vinto l’Earthshot Prize 2021 con i suoi hub di quartiere contro lo spreco alimentare: un progetto che ha messo in connessione catene della grande distribuzione organizzata con associazioni e famiglie milanesi per garantire cibo sano a tutti e nel contempo limitare gli sprechi di merce invenduta o vicina alla scadenza.
In conclusione, le strade per fare delle città luoghi sostenibili per le persone e l’ambiente ci sono, e sono tante. Ne parleremo meglio e più approfonditamente anche nel nostro Rapporto di Sostenibilità 2020, per dare anche noi, nel nostro piccolo, un contributo a un dibattito non più rimandabile.